
San Martino
La nebbia agl' irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale,
Urla e biancheggia il mar,
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor dei vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar.
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri
Nel vespero migrar.
G. Carducci
Benchè sia piuttosto malinconica, questa è sempre stata e resta una delle mie poesie preferite. Forse perchè è stata in assoluto la prima della quale ho dovuto fare la parafrasi alle scuole elementari, assisitita da una vicina di casa un po' più grande di me, forse perchè per natura amo questo genere di versi, ma mi incanta ogni volta. La trovo terribilmente struggente e nel rileggerla mi rivedo bambina, quando mi sforzavo di ricordarla a memoria in una giornata grigia e piovosa proprio come questa.
Ogni anno in questo periodo ripenso ad allora e, vedi come si diventa, ogni anno con un po' di malinconia in più.
In questo week end di Ognissanti ho rispettato le tradizioni: minestra di ceci, caramelle pronte per i soliti bimbi che ogni anno suonano alla porta per "Dolcetto o scherzetto?" (anche se stasera, con questa pioggia, ho qualche dubbio), visita al cimitero con quella giusta dose di tristezza che mi resta tornando a casa, soprattutto da quando mio papà non c'è più e che poi mi fa scrivere questi post un po' deliranti, ma che al massimo eviterete di leggere o che al limite domani, passata la tristezza, potrò sempre cancellare...